Era in mezzo alla strada…vacillante.
Cantava a squarciagola con la sua voce rauca da ubriacone inveterato.
La gente si voltava, si fermava, si divertiva. È arrivato un vigile, silenzioso, alle spalle. Lo ha preso brutalmente per la spalla e portato dentro.
Cantava ancora. La gente rideva. Non ho riso.
Ho pensato, o Signore, alla donna che questa sera attenderebbe invano.
Ho pensato a tutti gli altri ubriaconi della città, quelli dei bar e dei caffè, quelli dei ritrovi e dei night-club.
Ho pensato al loro ritorno, alla sera, in casa, ai bimbi spaventati, al portafoglio vuoto, ai colpi, alle grida, alle lacrime, ai bambini che nascerebbero dalle strette puzzolenti.
Ora hai steso la Tua notte sulla città, o Signore. E mentre s’intrecciano e snodano drammi, gli uomini che hanno difeso l’alcool, fabbricato l’alcool, venduto l’alcool, nella stessa notte s’addormentano in pace.
Penso a tutti questi, mi fanno pietà; hanno fabbricato e venduto miseria, hanno fabbricato e venduto peccato.
Penso a tutti gli altri, la folla degli altri che lavorano per distruggere e non per costruire, per insozzare e non per nobilitare, per istupidire e non per rasserenare, per avvilire e non per accrescere.
Penso particolarmente, o Signore, a quella moltitudine che lavora per la guerra, che per nutrire la famiglia deve lavorare e distruggerne altre, che per vivere deve preparare la morte.
Non ti chiedo di strapparli tutti al loro lavoro: non è possibile.
Ma fa’, o Signore, che si pongano dei problemi, che non dormano tranquilli, che lottino in questo mondo in disordine, che siano fermento, che siano redentori.
Per tutti i feriti nell’anima e nel corpo, vittime del lavoro dei loro fratelli.
Per tutti i morti, di cui migliaia di uomini hanno coscienziosamente preparato la morte.
Per quell’ubriacone, grottesco clown in mezzo alla strada.
Per l’umiliazione e le lacrime della moglie.
Per la paura e le grida dei bambini.
Signore, abbi pietà di me troppo spesso sonnolento.
Abbi pietà degl’infelici completamente addormentati e complici di un mondo in cui fratelli si uccidono tra loro per guadagnare il pane.
( Michel Quoist)