Vangelo del 17 settembre (Lc 7,1-10)

In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito. (Lc 7,1-10)

RIFLESSIONE…
Difficile cogliere i contorni di questo uomo interessante… questo centurione non esce allo scoperto! Stando al racconto, spedisce due delegazioni successive da Gesù; in Matteo, invece, va personalmente. Tuttavia, stiamo a Luca ed è bello subito notare che sono gli altri a parlare (e pensate un po’… bene!!!) di questo soldato esemplare! “Ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga”. Non è un giudeo, ma è un uomo libero, aperto, tollerante, privo di pregiudizi religiosi. Ha un servo malato… anzi in fin di vita, e si dà da fare per lui. Appare molto discreto: “ Signore non stare a disturbarti… io non sono degno che entri sotto il mio tetto, per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te”. Non rivendica nulla… si affida alla gratuità del Signore! Si accontenta di un miracolo a distanza… un miracolo basato su “una parola”. Ecco la preghiera… ecco la preghiera vera! Quante volte capovolgiamo le parti nella preghiera e rischiamo, affondati nella nostra poltrona o inginocchiati nel banco, di impartire ordini a Dio. Gesù, che non ce l’ha davanti agli occhi, scopre in questo pagano, un tesoro incredibile: la fede! “Neanche in Israele ho trovato una fede così grande”. A Gesù bastano le parole riferite da altri, per diagnosticare “una fede grande”… e sembra quasi che lo stesso Luca ne rimane ammirato quando raccoglie questa testimonianza e decide di fissarla nel suo libro. Sembra quasi che si sia dimenticato del servo moribondo e della sua guarigione, per concentrarsi su quella fede fuori del normale. La cosa ha dell’incredibile. L’evangelista intende raccontarci un miracolo, e per strada la sua penna viene dirottata su un altro evento eccezionale, al punto tale che sembra accorgersene, e mette frettolosamente una postilla alla fine “e gli inviati tornati a casa, trovarono il servo guarito”… Come a dire che il vero miracolo è la fede del centurione! Cristo e il centurione non si incontrano… non si conoscono. E neppure ci sarà un incontro con il servo ammalato! Il miracolo si realizza a distanza. Ecco l’insegnamento che ci viene da questo episodio. Quante volte ci lamentiamo dell’assenza di Dio… di una sua distanza… non presenza. Quante volte abbiamo preteso un Dio sempre li a disposizione, pronto ad ogni chiamata… anzi ad ogni nostro comando? Dio non è il “distante”… siamo noi a essere gli “assenti”… anzi è la nostra fede la grande “assente”. Concludo: qui il centurione intona una delle più belle professioni di fede di tutto il vangelo: “Io non sono degno… ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito”. La potenza della Parola di Gesù opera anche in Sua assenza! Il centurione sa che quando si ha in cuore l’amore, le opere che ne derivano sono cariche di amore. La fede germoglia e fiorisce in una terra abitata dall’amore. “Signore non sono degno… ma credo che la tua Parola d’Amore mi guarisce e mi salva”.

Don Salvatore A.

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